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“Manga p’a capa”: Francesca Di Martino e le personalità degli anime

 

Protagonisti della mostra di Francesca Di Martino Human Portaits: Manga p’a capa sono i protagonisti degli anime degli anni ’70 e ’80. La mostra, curata da Gianni Nappa e ospitata dalla Fonoteca fino al 1 dicembre, colpisce per l’intensità dei ritratti stesi con ampie pennellate di colore, su cui vengono riportati anche i loghi delle emittenti televisive che trasmettevano quelle immagini. Un rinfrancante e consigliato tuffo nel passato, condito da un certo pizzico di nostalgia che non guasta mai.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice in occasione dell’inaugurazione della mostra.

S: Ciao Francesca, ci racconti come è nata l’idea di questa mostra così originale?

FDM: Gli anime sono da sempre per me fonte d’ispirazione, nella loro visione da piccola trovavo grande conforto, e oggi, coerentemente con il mio percorso pittorico, ho trovato doveroso dedicare attenzione a ciò che mi rendeva felice allora e che ancora potente nella sua rievocazione mi rimette in pace con i miei sogni, con i miei desideri, con la bambina che in me continuo a coccolare. Già da anni avevo in mente qualcosa di simile ma soltanto adesso ho ripreso il vecchio progetto e l’ho nutrito di nuovi contenuti.

S: Quale dei personaggi che hai ritratto ti piace di più? Perché?

FDM: Credo di averli visti quasi tutti quelli della mia generazione, compresi i robot per i maschietti, ed ognuno di essi occupa un posto speciale nei miei ricordi, ma nulla potrà mai superare il coinvolgimento emotivo generato dalla visione di Lady Oscar. La morte dei due protagonisti e le tragedie che conducono all’epilogo dell’anime dedicato alla rivoluzione francese, tradendo qualsiasi aspettativa di un più scontato happy ending, imponevano le primissime riflessioni su argomenti forti. Il concetto stesso dell’amore si imbastiva sui corpi nudi di Oscar e Andrè abbracciati nel bosco e avvolti dalle lucciole all’alba della presa della Bastiglia.

S: Le sigle impresse su ogni tela a cosa si riferiscono?

FDM: Su ogni ritratto è impresso il logo storico dell’emittente televisiva locale come Telecapri, o nazionale come Italia Uno,che trasmetteva il cartone animato prodotto in Giappone e fruito da una piccola spettatrice napoletana a rimarcare l’immagine visiva impressa nel ricordo e percepita come un unicum.
Le sigle A.I., autunno-inverno e P.E., primavera–estate , seguite dalla data in cui venivano trasmessi per la prima volta, sovrimpresse ai volti dei protagonisti, titolano una precisa stagione della mia infanzia.

S: Che tecnica hai utilizzato?

FDM: Le opere sono tutte realizzate in medio e grande formato per indurre lo spettatore in un’immersione totale nel ricordo. La tecnica è sempre la stessa, olio su tela juta, steso di prima mano con una pennellata o una spatolata materica che plasma il protagonista interpretando in maniera gestuale e segnica le volumetrie del suo volto senza tradirne l’identità. Le immagini riprodotte sono frame estrapolati direttamente dall’anime, nell’istante più significativo e indicativo del carattere del personaggio. In alcune opere è presente dell’acrilico molto materico, mentre per Lamù ho scelto un fondo a collage del primo capitolo del manga originale di Rumiko Takahashi, in cui si racconta l’arrivo della ragazza dello spazio sulla Terra.

S: Chi sono i tuoi maestri, i tuoi modelli di riferimento?

FDM: Il mio percorso formativo è classico e strutturato: il diploma al Liceo Artistico Statale ai SS. Apostoli, una lunga incursione a Lettere indirizzo Storico artistico alla Federico II, un rassicurante e meraviglioso approdo all’Accademia di Belle Arti di Napoli, indirizzo scenografia e specializzazione in pittura ed infine il lavoro al Polo Museale della Campania. I maestri e i riferimenti sono dunque molteplici, alcuni di essi li ho omaggiati nella mia prima personale dal titolo Uccidi il tuo maestro. Tra i grandi del passato a bruciapelo? Caravaggio, Toulouse-Lautrec, Rotko.

S: Esprimi la tua arte anche con altri mezzi oltre al pennello?

FDM: Il teatro e il canto hanno caratterizzato una fase della mia vita lasciandone un solco significativo. Nella pittura dunque ho scelto di riportare il senso profondo di questa multidisciplinarità, lavorando, quando mi è possibile, a progetti in cui mi esprimo attraverso atti performativi, che mi consentono di aprirmi all’altro assecondando la mia natura sociale poco incline alla meditazione solitaria della pittura da studio.

S: Hai già idee per altre mostre?

FDM: Ho un taquino molto vintage e poco technological in cui appunto idee e schizzi,a cui a poco a poco do forma. Non svelo nulla se non l’intenzione di portare il progetto Manga p’a capa un po’ in giro aumentando il corpus delle opere.

S: Per chiudere: guardi ancora anime/cartoni animati? Se sì, quali?

FDM: Appena mi capita riguardo quelle del mio passato, alcune mi annoiano ma moltissime altre sono una riscoperta. Ho sempre pensato che anche se ideate per bambini sono in realtà disegnate da adulti. Le sigle le canticchio sotto la doccia soprattutto quando sono triste e ho bisogno di sorridere, sono un gran bel rifugio da una realtà che spesso mi inibisce.

S: Grazie per la tua disponibilità, Francesca. Ci vediamo alla tua prossima mostra!

Alleghiamo alcune delle sue opere in mostra per invogliarvi a seguire questa brava artista napoletana. [S]

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